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La nuova spiritualità entra a Wall Street

di Sara Deganello

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12 febbraio 2009

A Detroit, lo scorso dicembre, tre Suv fecero la loro comparsa sull'altare della funzione domenicale del Greater Grace Temple. Il vescovo pentecostale Charles H. Ellis III, che presiedeva la cerimonia, invitò i fedeli a pregare per le più grandi industrie automobilistiche d'America: Ford, Gm e Chrysler, i tre colossi che davano lavoro a una buona parte della comunità. Un evento che ha trovato eco nelle iniziative di altre chiese cittadine, ma non solo. Nello strascico di una crisi finanziaria sfociata in recessione si moltiplicano i casi di ritorno alla religiosità.
Come osserva Paolo Martini nel numero di IL, in edicola domani con il quotidiano, lungo gli ottocento chilometri a piedi della via dei pellegrini più famosa del cattolicesimo di oggi – il cammino di Santiago - è facile incontrare «quelli del mondo della finanza che ora fanno il lunch con Dio». Così titolava infatti una delle prime inchieste dell'agenzia Reuters sul boom delle presenze in doppiopetto nei luoghi di culto intorno al distretto finanziario di New York. «I tempi duri attraggono grandi folle nelle chiese», rilanciava quasi contemporaneamente il New York Times.
Intanto top manager giapponesi sono stati avvistati mentre visitavano il tempio di Kanda Myojin a Tokyo, votato alla divinità che protegge l'industria. Barack Obama stesso, in un momento tanto delicato, ha lasciato spazio, sul palco mediatico globale nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, a predicatori e sermoni.
Una domanda di una trascendenza, privata, personalissima, emerge chiara dalla crisi attuale. Un bisogno in controtendenza rispetto al clima politico americano. Se la preghiera sembra aver trovato nuovi proseliti tra i manager di Wall Street, non si può dire lo stesso del progetto dei neocon imbarcati da George W. Bush all'inizio della sua avventura presidenziale. L'ondata attuale di religiosità non sembra avere troppo a che fare con i temi della destra conservatrice americana. Il Project for the New American Century, catalizzatore delle spinte neoconservatrici, fu fondato nel 1997 da William Kristol e Robert Kagan. Oggi ha staccato anche il telefono. La lobby neocon, racconta Mario Margiocco sulle pagine del maschile del Sole 24 Ore, serviva «l'idea di una politica estera forte in difesa della moralità, l'idea di usare il nostro potere per la moralità del mondo», come ebbe a dichiarare Kenneth Adelman, famoso per aver definito la guerra in Iraq, nel 2002, una passeggiata. I teocon, che si ispirano al cristianesimo - prima che alla libertà e alla democrazia - come fondamento del potere del Paese, davano man forte.
Ora il vento politico è cambiato, Bush è tornato in Texas, e molti dei neocon più agguerriti hanno fatto pubblica ammenda. Cosa succede ora? L'Occidente ricco, all'improvviso, si sente povero e cerca riparo nel conforto della fede?
Scrive Riccardo Chiaberge sulle pagine di IL: «Siamo passati da una fase in cui l'Altissimo era stato escluso dal discorso pubblico (se non per bestemmiarlo) a una vera e propria inflazione del sacro. L'Italia è diventata un immenso stadio dello spirito dove ultrà atei e cattolici si combattono a colpi di slogan e i fan di Baggio, nel loro blog, rispondono salmodiando: Dio esiste e ha il codino». Così, nel grande pentolone dove si mescolano, fede, religione, ortoprassi e spiritualità, Tom Cruise fa più notizia per essere seguace di Scientology che per i suoi film o i gossip sulle avventure amorose, e così pure Madonna, passata dalle sexy performance degli anni Ottanta alla Kabbalah. In Italia Roberto Benigni si trasfigura nella Divina Commedia, Paolo Rossi battezza i suoi figli, Giovanni Poretti, del celebre trio comico, si cimenta nell'esegesi dei testi sacri dai gesuiti del centro San Fedele di Milano.
Conclude Paolo Martini la sua riflessione su IL con qualche considerazione sugli effetti attuali della secolarizzazione: la lezione di Dietrich Bonhoeffer contro il «Dio tappabuchi» e contro i metodisti della religiosità consolatoria che s'appostano come avvoltoi sulle «questioni ultime» sembra essere lontana dall'attualità. Ma forse si sta semplicemente avverando quanto il più antireligioso dei teologi contemporanei intuiva nei suoi ultimi giorni: «Il mondo adulto è senza Dio più del mondo non adulto, e perciò forse più vicino a lui».

12 febbraio 2009
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